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Chianciano – 18-19-20 luglio 2008
IL FUTURO DEI VERDI E IL FUTURO DEL CENTRO-SINISTRA IN ITALIA
LA CENTRALITA' DELLA QUESTIONE ECOLOGICA

Congresso straordinario dei Verdi
Intervento di Marco Boato

1. E' in gioco la sopravvivenza dei Verdi come forza politica autonoma.

Care Amiche, cari Amici Verdi, cara Loredana, cara Grazia e anche cara Monica, caro Fabio, questa Assemblea congressuale straordinaria della Federazione dei verdi italiani si colloca in una fase storica drammatica per il nostro movimento politico. Come mai era accaduto in passato, anche in momenti di grande difficoltà politica, quale il periodo successivo alle elezioni europee del 1999, questa volta la posta in gioco per tutto noi non riguarda qualche aggiustamento tattico o qualche furbesco imbellettamento di facciata. Questa volta è in gioco la sopravvivenza stessa dei verdi italiani come forza politica autonoma. Questa volta dobbiamo capire (e prendere le decisioni conseguenti) se esista ancora un futuro per i verdi italiani: un futuro che valga la pena di essere vissuto, per chi ci crede ancora e per chi abbia il coraggio e la generosità di continuare o ricominciare ad impegnare se stesso, non per servirsi dei verdi in qualche posizione di micro-potere stancamente residuale, ma per servire i Verdi.

“Servire i verdi e non servirsi dei verdi” significa, per ciascuno di noi, a cominciare da me stesso, saper mettere al primo posto gli ideali, i valori, gli obiettivi epocali, le ragioni storiche, umane e ambientali per cui i Verdi sono nati a partire dai primi anni '80 e per i quali, nell'arco di un quarto di secolo, decine di migliaia di donne e uomini hanno via via (purtroppo con un forte turn over, spesso dovuto alle nostre inadeguatezze) dedicato una parte o un periodo della propria vita, con un impegno personale e collegiale, individuale e comunitario.

2. L'ingresso dei Verdi in Parlamento dopo la catastrofe di Chernobyl.

Con lo tsunami elettorale del 13-14 aprile, per la prima volta dopo oltre 20 anni, i Verdi sono scomparsi dal Parlamento italiano, dove erano entrati con grande entusiasmo e un gruppo parlamentare altamente qualificato, a maggioranza femminile, nel 1987, traendo allora la propria forza dalla prima fase di radicamento comunale e regionale e sull'onda della reazione popolare alla catastrofe nucleare di Chernobyl. Non è un caso che, per la prima e unica volta nella storia italiana, venne immediatamente approvata, su proposta in particolare dei Verdi (e mia personale al Senato) una legge che consentì di anticipare al novembre 1987 i tre referendum antinucleari, che si sarebbero dovuti celebrare l'anno successivo. E non è un caso che quei tre referendum furono vinti con una schiacciante maggioranza popolare, che non abbiamo dimenticato, nonostante i recenti pentimenti postumi di persone come Chicco Testa, che allora guidava la Lega Ambiente insieme ad Ermete Realacci.

Ma la prima egislatura parlamentare dei Verdi, che fin dall'inizio si candidarono al Governo, respinti dal centro-sinistra di allora, si caratterizzò per uno straordinario lavoro politico e legislativo. Pur dall'opposizione, nella decima legislatura, sulla base di una autentica cultura ecologista di governo, i Verdi riuscirono a far approvare la prima legge-quadro sui Parchi nazionali, la prima legge sull'assetto idrogeologico e la difesa del suolo e la prima legge-quadro – come Annamaria Procacci ricorda bene – sulla difesa della fauna e la regolazione della caccia: tre pietre miliari dell'ambientalismo politico italiano, che restano ancora oggi un punto di riferimento storico e istituzionale, con tentativo ricorrenti di manomissione e di regressione (soprattutto per quanto riguarda la difesa della fauna).

3. L'esperienza della Sinistra Arcobaleno è totalmente fallita.

Ma l'effetto devastante dello tsunami elettorale ha coperto un'altra realtà, non meno grave per i Verdi. Certo l'esperienza della Sinistra Arcobaleno è totalmente fallita, morta e defunta, e soltanto un pazzo o un irresponsabile potrebbe immaginare di riesumarla pur in qualche forma mascherata. Tuttavia, anche se avesse superato la soglia del 4%, si sarebbe trattato quasi esclusivamente – con poche eccezioni – di una sorta di auto-riproduzione e di auto-perpetuazione dei gruppi dirigenti, sotto l'egemonia politica e numerica di Rifondazione comunista e sotto la guida di un leader, Fausto Bertinotti, votato per sempre all'opposizione (come ha dichiarato per tutta la campagna elettorale, e anche prima) e al minoritarismo massimalista.

L'aspetto più grave è che avremmo assistito comunque alla fine dell'autonomia politica e culturale dei Verdi, assorbiti in una alleanza, pur rispettabile ma per noi sbagliata, di comunisti, neo-comunisti e post-comunisti, con i Verdi inglobati di fatto in un nuovo soggetto politico, per il quale addirittura in campagna elettorale venivano raccolte le pre-adesioni con tanto di tessere stampate. E tutto questo senza che una simile scelta di sostanziale scomparsa e di dissolvimento della nostra autonomia politica fosse mai stata sottoposta al dibattito e alle deliberazioni di un Congresso dei Verdi, che del resto non l'avrebbero mai approvata, salvo decidere il proprio suicidio.

4. La scelta suicida di candidarsi all'opposizione: i Verdi hanno una cultura ecologista di governo.

Non c'è ombra di dubbio che alla catastrofe elettorale della Sinistra Arcobaleno abbia contribuito anche il ricatto del martellante richiamo al “voto utile” da parte del Partito Democratico di Walter Veltroni e di tutto il suo gruppo dirigente, richiamo che ha progressivamente – giorno dopo giorno – svuotato il potenziale consenso alla stessa Sinistra Arcobaleno.
Ma dobbiamo chiederci perché questo sia potuto accadere. La risposta è drammaticamente semplice: poiché la Sinistra Arcobaleno ha scelto fin dall'inizio la linea suicida di chiedere voti per candidarsi a fare l'opposizione, il suo potenziale elettorato (per primi gli elettori Verdi, ma anche molti altri) ha deciso in gran parte di votare per chi si candidava a conquistare la maggioranza e a governare in alternativa al centro-destra.

Questa irresponsabile pulsione al ritorno all'opposizione, per chi non se me fosse accorto, Fausto Bertinotti l'aveva già proclamata, ben prima della crisi del Governo Prodi e delle elezioni anticipate, nella sciagurata intervista a Repubblica del 4 dicembre 2007, appena quattro giorni prima dell'Assemblea della Sinistra Arcobaleno dell'8-9 dicembre alla Nuova Fiera di Roma.

E il gruppo dirigente dei Verdi gli è corso dietro verso il suicidio collettivo, nominando Fausto Bertinotti anche proprio leader in occasione delle elezioni anticipate, non rendendosi conto che queste scelte comportavano la perdita totale di autonomia politica e culturale dei verdi, e anche la conseguente perdita del proprio già non vastissimo elettorato.

Di più, dopo le elezioni abbiamo tutti scoperto – perché è stato ripetutamente e spudoratamente dichiarato, senza smentita alcuna – che quella tra Veltroni e Bertinotti era stata una “separazione consensuale”: il primo si candidava a governare e il secondo – e con lui anche i Verdi ormai evanescenti o del tutto svaniti – si candidava a fare l'opposizione.

E' difficile immaginare un tale vertice di idiozia e irresponsabilità politica. Mai, in tutta la loro storia, i Verdi si sono candidati alle elezioni per fare l'opposizione. All'opposizione ci si va forzatamente se si perdono le elezioni – sia nazionali, che regionali o locali -, ma i Verdi, che non hanno nostalgie per la falce e il martello o per l'antico massimalismo, si sono sempre candidati al Governo, ovviamente se ce n'erano le condizioni politiche e programmatiche, e anche dall'eventuale opposizione hanno sempre operato con una cultura ecologista di governo.

5. Gli errori del PD e la “politica delle alleanze” dei Verdi in piena autonomia politica e identità culturale.

La nostra riflessione critica e auto-critica non ci esime certo dal valutare criticamente anche il ruolo politico altrui. Mi riferisco in primo luogo al Partito Democratico, che – a fronte della nostra catastrofe elettorale – ha comunque subito una sconfitta politica epocale (con oltre nove punti di scarto dalla coalizione vincente) e con questa sconfitta finora non ha neppure cominciato a fare i conti pubblicamente.

All'ultima Assemblea costituente del PD, su oltre 2800 componenti ne erano presenti appena 500, con un dibattito pressoché inesistente e con soluzioni pre-confezionate e quindi prive di interesse per gli stessi partecipanti (per non parlare degli oltre 2000 assenti).

Nel frattempo (ma questo riguarda anche noi, ed era facilmente prevedibile e l'avevo previsto al nostro Consiglio federale del 10-11 maggio a Roma), alla sconfitta nelle elezioni politiche si era sommata la perdita per il centro-sinistra della Regione Friuli-Venezia Giulia (e i Verdi sono scomparsi nella rappresentanza elettorale, come poi in Valle d'Aosta), la catastrofe del Comune di Roma (anche qui i Verdi sono scomparsi dal Consiglio comunale) e la vera e propria ecatombe nelle elezioni provinciali siciliane (nelle quali i Verdi non sono neppure comparsi).

Di tutto questo il PD non ha ancora cominciato a discutere pubblicamente nelle sedi proprie, anche se c'è un gran proliferare di correnti, associazioni, fondazioni, assemblee di ogni natura e tipo.

E' vero, chi nel PD non ha perso completamente la testa e la bussola, da qualche settimana ricomincia a parlare di “politica delle alleanze”. Lo stesso Veltroni è andato a parlarne – dopo averli liquidati elettoralmente, rifiutando anche a loro l'alleanza per il 13-14 aprile – al Congresso dei Socialisti: questo è comunque un fatto positivo, ma l'unica autocritica ha riguardato... i fatti d'Ungheria del 1956. Non c'è davvero male per chi ha rivendicato di non essere mai stato comunista, e fa l'autocritica, dopo 52 anni, per i comunisti italiani del 1956!

Se i Verdi non scompariranno, se avremo la forza ed il coraggio di “un nuovo inizio”, dovremo certo, con umiltà e senza alcuna arroganza, riprendere il confronto politico a tutto campo nell'ambito del centro-sinistra, con tutte le forze che lo compongono, grandi e piccole.

E a questo proposito voglio ringraziare i Radicali, unica forza politica ad aver inviato al nostro Congresso il proprio segretario politico Antonella Casu, con un intervento che ha affrontato questioni politiche di grande rilevanza.

Comunque, dovremo riprendere il dialogo critico ed il confronto anche col PD, all'interno del quale c'è certo chi auspica la nostra scomparsa e magari l'assorbimento residuale in qualche corrente minoritaria, ma c'è anche chi, più lungimirante e attento, guarda al nostro dibattito e al nostro futuro (se un futuro ci sarà) con maggior rispetto e attenzione (e ringrazio Mario Barbi per la sua presenza ieri qui con noi).

Dialogare e confrontarci – in vista di lontane alleanze nazionali, delle elezioni europee e di più ravvicinate alleanze a livello regionale e locale – è un fatto positivo: e questo riguarda prima di tutto il PD, ma non solo, perché vogliamo discutere – lo ripeto – con tutte le forze politiche del centro-sinistra. Ma se i Verdi sapranno riconquistare la propria autonomia politica e la propria identità culturale, non dovranno in alcun modo prestarsi ad alcun tentativo di egemonismo altrui, ad alcun “richiamo della foresta” sul versante dell'estrema sinistra, ma neppure ad alcun tentativo di annessione o assorbimento da parte dello stesso PD, che pure è ed è destinato a restare la principale forza politica del centro-sinistra italiano.

6. Il ruolo dei Verdi nella crisi del sistema politico italiano Torniamo a riflettere sulla storia dei Verdi nel contesto storico-politico italiano.

All'inizio degli anni '90 si è verificata la crisi del sistema dei partiti, a seguito della caduta del muro di Berlino nel 1989, la conseguente fine della “guerra fredda” e subito dopo, in Italia, l'esplosione di “Tangentopoli”.

Dopo i referendum elettorali del 1991 – che portarono alla legge sulla elezione diretta dei sindaci – e soprattutto del 18 aprile 1993, che portò alla legge Mattarella sul sistema elettorale prevalentemente maggioritario uninominale, i Verdi hanno dovuto rapportarsi con la nascita della prima forma di bipolarismo e con l'avvento per la prima volta in Italia della democrazia dell'alternanza.

Quando crolla il vecchio sistema dei partiti, i Verdi – che erano fino a quel momento la forza politica più nuova – si ritrovano ad essere l'unico simbolo elettorale a non venire travolto e dissolto da quel passaggio storico traumatico.

Improvvisamente – pur nati da pochi anni – i Verdi diventano il simbolo più duraturo sulla scheda elettorale e nel terremotato scenario politico italiano e, rispetto al bipolarismo nascente, si collocano a pieno titolo nell'ambito del centro-sinistra. Anzi, nel giro di due anni – dopo la fallimentare esperienza dei “Progressisti” e della “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto – i Verdi entrano a far parte a pieno titolo dell'Ulivo di Romano Prodi, di cui, assieme ai DS e al Partito Popolare (non era ancora nata la Margherita), sono stati uno dei tre soci fondatori.

7. Le origini dei Verdi nel rapporto tra movimenti e istituzioni: la centralità della questione ecologica.

Prima di allora, per quasi dieci anni (se risaliamo alle nostre origini dell'Arcipelago verde a metà degli anni '80) i Verdi hanno rappresentato la proiezione politica e istituzionale dei movimenti territoriali sui temi dell'ambientalismo, dell'animalismo, dell'antinucleare, dei diritti umani, dell'ecologia della politica, della cultura della pace.

Le nostre parole d'ordine di allora sono state di una grande semplicità e anche di una immediata efficacia:

I. “conservare l'ambiente, cambiare la politica”;

II. “agire localmente, pensare globalmente”;

III. “dare voce a chi non ha voce”: le future generazioni, ma anche gli animali, le piante, gli eco-sistemi da proteggere e salvaguardare, le bio-diversità;

Ma anche, spero che qualcuno ancora se lo ricordi:

IV. i partiti sono partiti, sono arrivati i Verdi”.

Quanta distanza da allora!

Il più straordinario Convegno promosso dai Verdi nascenti, prima ancora di entrare in Parlamento, si tenne – con “mezzi poveri” (come avrebbe detto Emmanuel Mounier) e totalmente autofinanziato dai partecipanti – nel 1986 a Pescara, per tre giorni, sotto il titolo generale: “La terra ci è data in prestito dai nostri figli”. Questo eravamo noi Verdi nella fase nascente, quando non avevamo cariche da spartire o tessere da moltiplicare, quando ci siamo fatti conoscere e stimare come una forza politica nuova, povera di mezzi ma ricca di idee e di valori, trasparente e pulita, capace di essere credibile per la coerenza gandhiana tra mezzi e fini, tra gli obiettivi dichiarati e le concrete iniziative militanti per raggiungerli e renderli condivisi per i cittadini più sensibili.

I Verdi sono nati dalla fine delle ideologie totalizzanti, dalla crisi dei movimenti collettivi extra-parlamentari degli anni '70, da quella “rivoluzione silenziosa” (come la definì Ronald Inglehart) che negli anni del “riflusso” e della crisi della politica, fece emergere la nuova attenzione diffusa verso i problemi ambientali e verso la nascente centralità della questione ecologica: non solo ecologia fisica, ma anche ecologia umana ed ecologia politica, con un forte richiamo all'etica della politica.

8. I Verdi devono fare i conti con se stessi per rendere possibile “un nuovo inizio”.

Chiediamoci tutti insieme cosa sia successo in questi ultimi anni, perché siano andate perse in gran misura queste nostre caratteristiche originarie, perché ci ritroviamo oggi ad un drammatico “capolinea”, nel momento stesso in cui invece la questione ambientale, la priorità ecologica, i nostri temi essenziali non solo non sono al capolinea, ma si pongono invece al centro dell'agenda politica e scientifica a livello europeo e mondiale.

Qualcuno ha ritenuto, equivocando, che da parte mia ci sia stata una sottovalutazione di tutto ciò che i Verdi hanno fatto di positivo sia in Parlamento, sia a livello locale, nei propri ambiti territoriali.

Se pensassi questo, cancellerei la mia stessa storia personale, insieme a quella di tante donne e uomini Verdi che hanno dedicato tutto il loro impegno e le loro energie in tante battaglie quotidiane, fuori e dentro le istituzioni.

Non di questo si tratta, dunque, altrimenti non saremmo impegnati in questo Congresso – con le forze e le risorse che ancora abbiamo – per non liquidare l'esperienza dei verdi, per non permettere che i pur gravissimi errori compiuti ci portino all'autodissoluzione o a una mera sopravvivenza trasformistica e gattopardesca.

I Verdi non possono limitarsi a “sopravvivere”, e per vivere autenticamente, per realizzare un “nuovo inizio”, per poter immaginare di avere un futuro degno di questo nome e degno dei valori e degli ideali dell'ambientalismo politico, i Verdi devono saper fare lealmente e duramente i conti con se stessi e con i propri errori. Sono questi errori che ci hanno fatto scomparire dal Parlamento, dove eravamo entrati con entusiasmo nel 1987, e che ci stanno facendo via via scomparire anche da molte realtà istituzionali regionali e locali.

Sono questi errori che compromettono la credibilità e il futuro anche di tante nostre esperienze positive, che certamente non sottovaluto.

9. Gli errori di linea politica e nei metodi organizzativi.

Dunque quali sono stati gli errori più gravi nella linea politica dei Verdi?

I. Il primo errore è stato quello di passare, dalla originaria “trasversalità” e poi dalla partecipazione all'Ulivo, sempre più verso una collocazione all'”estrema sinistra”, di cui la scelta suicida della Sinistra Arcobaleno è stato soltanto l'ultimo, sciagurato epilogo.

II. Il secondo errore è stato quello di passare da una “cultura ecologista di governo”, da un riformismo ecologista credibile e propositivo, verso una logica tendenzialmente antagonista, massimalista, ideologicamente estremista, che oltre a tutto ci ha fatto sempre più percepire dai cittadini come “il partito dei NO”, mentre eravamo, storicamente e culturalmente, e dobbiamo tornare ad essere, un movimento capace di proposte innovative e alternative ai NO pur necessari, un “partito dei SI'”.

III.Un terzo, conseguente errore è stato quello di abbandonare la nostra posizione nell'ambito di una coalizione unitaria e plurale di centro-sinistra riformista, verso un progressivo assorbimento (anche mediatico) nella “sinistra radicale” e nella “cosa rossa”, perdendo la nostra originaria identità culturale aperta e plurale, post-ideologica, e perdendo anche la nostra autonomia politica.

IV.Un quarto errore, anche questo conseguenza nefasta dei precedenti, è stato quello di aver accettato la suicida “separazione consensuale” dalla alleanza col PD di Veltroni, dando vita all'avventura irresponsabile della Sinistra Arcobaleno, sotto l'egemonia della leadership di comunisti e neocomunisti (spesso lontanissimi dalla questione ecologica e dalla sensibilità ambientale) e sotto la direzione incredibile – nel senso letterale di non-credibile – di Fausto Bertinotti.

V. Un quinto errore, che forse è all'origine di tutti i precedenti, è stato di aver trasformato la Federazione dei Verdi in un mini-partito ipercentralista, che non solo ha snaturato le nostre origini e la nostra storia, ma ha alimentato comportamenti cortigiani, auto-perpetuazione dei gruppi dirigenti, e soprattutto un gravissimo snaturamento democratico, attraverso il meccanismo perverso del mercimonio delle tessere e la pratica del commissariamento delle realtà locali con persone del tutto estranee e inadeguate.

10. E' necessario un cambiamento profondo per superare la “traversata del deserto” e ridare un futuro ai Verdi.

Se tutto questo è vero, e purtroppo è tutto vero, emerge in modo evidente che per i Verdi è necessaria una svolta profonda, un rinnovamento questo sì “radicale”, una visibile e credibile discontinuità rispetto al recente passato, quel passato che ci ha portato sull'orlo del baratro e forse fin dentro il baratro. Non ci deve essere al nostro interno una “resa dei conti”, nessuno deve essere costretto ad “andare a casa”, tutti devono e possono continuare ad impegnarsi con i Verdi e nei Verdi, a condizione di non pensare di perpetuare o riprodurre gli errori e i metodi del passato, all'insegna di un continuismo mascherato.

Siamo ecologisti anche in questo: parole come “riciclaggio” o “riuso” non ci fanno paura, anzi le possiamo adottare anche in politica, sempre a condizione che nei Verdi non ci siano i furbi delle eco-balle mascherate che hanno devastato qualche realtà territoriale.

Nessuna “resa dei conti”, ripeto, ma necessità di un triplice cambiamento profondo:

I. cambiamento del gruppo dirigente;

II. cambiamento della linea politica e della cultura politica;

III.cambiamento dei metodi di direzione e organizzazione politica, recuperando il valore della collegialità e passando dal centralismo romano a un autentico federalismo verde, pienamente rispettoso delle autonomie locali e territoriali dei Verdi.

Queste tre dimensioni di cambiamento possono e devono farci recuperare pienamente la nostra originaria autonomia politica e identità culturale. Non una identità arrogante e chiusa in se stessa, ma una identità aperta, plurale, laica, riformatrice, propositiva, capace di far convivere liberamente nei Verdi posizioni diverse, che sappiano collaborare e rispettarsi reciprocamente, all'insegna dell'ecologia delle differenze e di una sana bio-diversità anche al nostro interno. Più che vincere, dobbiamo con-vincere, vincere con.

Se sapremo fare tutto questo, con umiltà e senza arroganza, con generosità e senza narcisismi, cambiando non solo lo stile di direzione politica, ma anche lo stile di vita che ci ha resi impresentabili politicamente e non credibili ecologicamente, se sapremo fare tutto questo, riapriremo il confronto e il dialogo con tutte le forze del centro-sinistra, nella nostra autonomia, senza farci né assorbire, né egemonizzare, senza essere subalterni a nessuno.

La linea politica dell' “andiamo da soli” del PD si è dimostrata fallimentare: non basta dichiararsi partito “a vocazione maggioritaria” per esserlo davvero, se non c'è il consenso degli elettori.

La linea politica dell' “andiamo all'opposizione” di Fausto Bertinotti e della Sinistra Arcobaleno si è dimostrata catastrofica e suicida: invece che all'opposizione, gli elettori ci hanno cacciato fuori dal Parlamento e ci hanno resi di nuovo extraparlamentari trent'anni dopo.

Con umiltà e senza arroganza – lo ripeto per la terza volta – cerchiamo di realizzare un “nuovo inizio” e di guardare con speranza al futuro. Non avremo più rendite di posizione, dovremo usare “mezzi poveri”, chiameremo a raccolta i molti che ci hanno lasciato, se vorranno tornare a lavorare con noi gratuitamente, e anche i molti, moltissimi che potrebbero incontrarci per la prima volta, se saremo capaci di essere testimoni credibili delle idee e dei valori che laicamente professiamo, sulla base della cultura del limite e della cultura della vita.

Sarà davvero una “traversata del deserto”, non solo per noi. Ricordiamoci – lo ricordiamo anche al PD, che sembra non rendersene ancora conto – che i laburisti inglesi sono rimasti 18 anni all'opposizione prima di tornare al Governo. Ricordiamoci che la SPD tedesca è rimasta 16 anni all'opposizione prima di andare al Governo con i Grünen di Joschka Fischer, quei Verdi tedeschi che dal 1990 al 1994 erano rimasti esclusi dal Bundestag e che solo rinnovandosi profondamente e acquisendo una cultura di governo e un pieno rispetto delle differenze interne erano poi riusciti a ritornarci, dopo la loro “traversata del deserto”.

Cambiare rotta, cambiare gruppo dirigente, cambiare metodi di direzione e organizzazione politica. Rinnovarsi profondamente, recuperare nuove energie, competenze scientifiche e risorse umane. Dialogare con tutti nel centrosinistra, a livello nazionale e locale, senza essere subalterni a nessuno. Fare le alleanze necessarie, senza annullare l'autonomia politica e l'identità culturale dei Verdi.

Possiamo costruire un nuovo futuro per i Verdi soltanto se non ripetiamo gli errori del passato. Davvero, “errare humanum est, perseverare diabolicum”.

Se ci crediamo, un nuovo inizio può esserci, altrimenti più che un ritorno al futuro rischiamo un ritorno al passato, senza speranza e senza credibilità.

Proviamo a crederci tutti assieme, proviamo ad operare con libertà e rispetto reciproco, con fiducia, coraggio, determinazione. Proviamoci davvero.

Buon lavoro davvero a tutte e ai tutti.

 

 

Assemblea nazionale dei Verdi
a Chianciano,
18-20 luglio 2008

vedi anche:
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articolo de l'Unità

 

 

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